Antonio Maria Masia

Antonio Maria Masia

Motivazione: Al lungo artigianato intellettuale e alla pratica della cultura critica e letteraria, alle tante iniziative e alla febbrile attività di autore e di custode della poesia in lingua italiana e in lingua sarda.

Nota critica di Massimiliano Pecora

È del 2020 Isola aperta, l’interessante seconda prova d’autore del giovane poeta sardo Francesco Ottonello. Ancora una volta una poesia che, quasi per una taciuta e ancestrale filogenesi, appare quasi rizomatica, capace cioè di invadere lo spazio della regione avita e della tradizione nazionale. Sta in questo la grande forza della letteratura sarda, nella sua lingua regionale, nella sua espressività e nella sua multiforme produzione artistica che merita una pagina importante nella manualistica contemporanea.

Potremmo dire, con Walter Pedullà, che esiste ed è feconda la grande Nuova letteratura sarda. Ma ci sia ammessa una postilla: nuova rispetto a cosa? A un mondo globalizzato? A una storiografia che sempre più vira verso la Geschichte und Region in nome della salvaguardia di identità che contribuiscono, compos sui, alla fondazione di uno stato più unitario e più produttivo? Ricordiamo che la forza della letteratura sta, per dirla con Antonio Gramsci, non solo nel suo carattere artistico, ma anche nella ricerca di quale massa di sentimenti, di quale atteggiamento verso la vita circoli nell’opera d’arte stessa. 

Eppure Gramsci non conosceva la letteratura sarda, una letteratura che si pone alla stregua del ruolo che il provenzale ha svolto per la definizione di quel bagaglio di immagini, di temi e finanche di lingua che nutrirà la nostra tradizione nazionale, come già ci ricordava, nel 1882, il barone e deputato Eugene Roissard De Bellet in La Sardaigne à vol d’oiseau. Tuttavia valga porsi un interrogativo: una manifestazione letteraria non reca in sé anche il contributo primo alla fondazione di quei tratti identitari che riconosciamo, nella nostra condizione di cittadini, all’origine del nostro spirito comunitario, sociale, regionale e nazionale?

Forte di questo assunto ha operato, a partire dagli anni Ottanta – ab ovo della Nouvelle vague letteraria sarda – Antonio Maria Masia, infaticabile poeta e, a partire dal 2010, presidente e fabbrile organizzatore delle quasi settuagenarie manifestazioni del Gremio dei Sardi. A guardare la sua parabola intellettuale, egli ha sempre mantenuto viva la duplice natura di poeta e scrittore in lingua italiana e di poeta e scrittore in lingua sarda. È nell’anfibia natura di queste due culture che si raccoglie la sua produzione e la meta della sua attività non solo a difesa, ma a sostegno di quel paese d’ombre – se vogliamo recuperare la sottile definizione di Giuseppe Dessì – in cui la Sardegna si sovrappone all’Italia. Quale anello di giunzione, l’opera di Masia non può e non deve essere confinata al mero immaginario sardo al pari di quanto non sia relegabile all’immaginario della nostra nazione. Prova ne siano la distanza da ogni oleografia regionalistica e da ogni facile deriva macchiettistica di impressioni fugaci. E così mentre canta «l’antiga limba ‘e s’Isola nadia», l’autore di Ittiri non tralascia «le grandi pietre | che piccole mani pazienti | posero | per carpire il mistero» di una società conflittuale e da scandagliare con l’acume e il severo moralismo dell’intellettuale engagé.

Dalla sua prima grande prova, I silenzi di pietra (1989) a Quel calcio nel cuore (2009), passando per Kadossène (2002), per poi proseguire con i testi inchiostrati dalla strenua tradizione ritmico-metrica della letteratura nazionale – dall’ottava rima alla canzonetta melica attraverso il sonetto e il sonetto caudato – Antonio Maria Masia si racconta e ci racconta il personale canzoniere di un italiano che attraversa la storia della propria nazione e ne comprende ab imis le contraddizioni – ricordiamo di Masia, infatti, l’accorata difesa della Banca Commerciale italiana per ristabilirne il rango di unico e vero istituto di credito posto a sostegno del nostro paese. E dove rintracciare le motivazioni di questo instancabile attivismo? Forse in quel principio di responsabilità per il quale, come dichiarava il conterraneo e celebre giurista Salvatore Satta, Masia non prevede autoassoluzioni, ma solo quella medesima dedizione morale maturata dalla pratica e dall’esercizio di una poesia severa e dal limpido dettato.

In ragione di ciò la XXXIII edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Pomezia si fregia di un grande onore e di un enorme privilegio: il conferimento del Premio speciale della giuria al prestigioso e lungo sodalizio con l’attività letteraria e intellettuale di Antonio Maria Masia.