Premio letterario internazionale Città di Pomezia

Organizzato dal Centro Studi Sisyphus
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La montagna non ha barche

La montagna non ha barche
per la tua sola metà che rema
tornerai indietro
con la lenza di un momento verticale
imbrigliata tra il fogliame del mondo
sarà così ogni volta
per un altro lancio.
Sarà così
quando risalirai la montagna
con la divisa da marinaio
gli stivali sporchi di metrò
e un binocolo per poter gridare.

(Claudio Carbone, L’albero custode)

Parole in grembo

Scrivo
ciò che mi pensa
a mia insaputa
Rêverie
La prima prende la forma di una culla
la seconda mette il dito in bocca
la terza parola ha curve generose
fa la mamma Siamo nei passi giovani
dove le stagioni
affondano senza rumore
e le piccole albe
si fanno allattare per giorni interi
Un passo lungo e prose incerte
anche per te che abbassi gli occhi
e scopri la tua prima voce

(Giancarlo Stoccoro, Forme minute del dono)

Sylvia

Forse è dolce il silenzio
o la malinconia senza rumore?
Stridono queste stanze
solo a volte
e io attraverso muri e chiodi e specchi.

Forse dal nudo della culla scelse
mio padre il nome,ché ad altra pensava:
a quella di colui
che alla natura chiede
“perché di tanto inganni i figli tuoi?”

Seppi il male dagli occhi
di mia madre; il diniego dalle spalle,
lo screzio di ragione ebbi dall’ombra.

Per me trattengo trent’anni e tre mesi,
poi i giorni della merla ed altri dodici
e un lascito dispongo d’inquietudine
in due tazze di latte per i figli.

(Patrizia Stefanelli, Amori di stile)

Rinascita in stazione

Scialle di tenebre,
le madri al mattino
vestono la stanza nuda
dei colori dell’abbandono,
cerimonie al buio:
la processione dei sospiri, a ritroso,
poi le dita sui grani del rosario
e le parole crocifisse su labbra chiuse.

(Nerio Vespertin, pseudonimo di Marco Lamolinara, Vaste lande)

Fuga

Il rimbombo degli infernali bassi
che le dita di piombo d’una mano
invincibile traggono picchiandoti
le tempie, non si spegne sulla strada
del deserto impossibile, e il destino
ti coglie in ogni povero incurvato
in sé stesso dai tempi, e alla fatica
uguale di ogni giorno che formicola
moltiplicata intorno a te. O residui
di campagne! Voi recate il sollievo
dei grattacieli e il volto dell’amico.

(Claudio Meli, Scarti romani e d’altrove)

L'ablazione di un sogno (a Nunzio Lo Cascio, 1970)

La gente era dura come l’Aspromonte,
come gli ulivi e il silenzio che non perdonavano,
davanti il mare che sapeva
e di schiena tanti Cristi scesi dalle loro croci
pronti a raddrizzare,
in un modo o nell’altro,
la propria resurrezione, secondo l’impegno
e lasciare il ricordo intatto,
e vergine…

(Davide Rocco Colacrai, L’ablazione di un sogno)

Soffitto con travi a vista

il porto è stato evacuato.
pure la salsedine erode le facciate
giallo ocra,
il pensiero rimane fecondo.
pure il molo rinforzato con
massicciate di pietra brulica di giostrai
assonnati,di vedove senza la parola,
e di minatori
sul piede di guerra.

non distante si avverte il ruggito della
fresatrice,lo stantuffo che scorre,
il lavoro duro delle ganasce.
è il Corpus Domini,
e la bottega orafa è teatro
dell’incontro già scritto-
a cui segue una rivelazione,
e poi un tentennamento.

(Marco Senesi, Soffitto con travi a vista)

Ad Antonio Gramsci

È un volo rapido di uccelli
il mio paese scarno e diffidente.
Un pozzo che d’estate maleodora,
ed un bambino: io, che in quello specchio
cerco, nascosto ai grandi,
la mia faccia.

(Alessandra Jorio, Ad Antonio Gramsci)

Lo spirito del grano

China il biondo,
l’ultimo covone,
poi scorge,
nell’orizzonte schiuso,
forconi e falci mezzelune.

Più oltre,
nel blu stracciato a cirri,
rivede, agli occhi del fruscio,
il verde e l’onda
di quando in mare si vestiva
infante e fronda.

Ma tre lo stringono dappresso:
il primo ai polsi carpi,
un altro agli ispidi capelli
e l’ultimo alla barba chiara
che sveglia la coscienza
al fato di stagione:

Quand’è che s’era fatto uomo?
Quando ha smesso
il pianto frusto dello stelo?

(Alessandro Izzi, Lo spirito del grano)

La solerzia del rabdomante (Jonchées)

Le aurore si dissolvono
nella chiarità di piogge torrenziali,
spaiati corridoi di cerchi d’acqua,
si dilatano come fumo che s’aggroviglia
sul giro della vite, sul rinfianco che tiene insieme
le linee concave dei volti,
la febbre che consuma le giunture
di torbe secchie nella neve.

(Mattea Matera, La solerzia del rabdomante)

Er miracolo

Sposta co’ la mano er piatto fonno che c’ha davanti,
piega la capoccia e s’addorme su le braccia conserte n’mezzo l’avanzi.

Lei je leva er piatto e lo guarda ‘ntenerita,
‘nsieme da quanno ereno regazzini, n’pratica na’ vita.
Co’ quell’omo che pe fa’ magnà tre fiji ogni giorno se spezza la schiena.

Ma era già rotta la sua e allora ogni notte diventa n’lamento, n’patema.

(Eugenio Masci, Er miracolo)

Donna Olimpia

Fece sgamà che fusse ‘n ber tipetto
scappanno dar destino co’ le sòre.
Pischelletta , s’accattò un vecchietto
che ‘mprescia mannò l’anima ar Creatore.

S’aritrovò co’ ‘n tale gruzzoletto
da spianasse er sojo der Signore.
Pijannose ‘r Pamphilj a braccetto
ce piazzò su’ cognato debbitore.

De scudi e bbeni era sempre a caccia.
Der potere ciaveva ‘n’attrazzione
da meritasse ‘r nome de “Pimpaccia”,

e pe’ Pasquino era “Olim-pia”.
E noi , pòro popolo fregnone,
je stamo a dedicà puro ‘na via!…

(Ennio Berenato, Donna Olimpia)

Noèmber matütí

Noèmber matütí
de ghèba spessa ta ‘ntórciet
la sima del mut.
Sul a sul.
Ricamatur de sògn
ciape en fil dai nìgoi
come se ‘l fős söcher filat.
Con de ‘na ucia entreşe poesie
fra i licheni che i sent de bù che consùla.
Dai ram de quercia
‘n bu udùr de mus’cc
come note de müsica
fa egner fòra la sinfonia
che la vif dènter l’anima.

(Diego Arrigoni, Noèmber matütí)

Dae su puntu pius artu de sa cara de Deu (Marcu e sa soledade)

Est unu profilu intzertu de lapis, Marcu,
tra su bidru e sas tendas candu isòlvet
sos latzos de sas laras a sas guttias de sole
chi a pes nudos cuaresi in sa corte.
E isse est pius pagu de unu murmuttu
donzi borta chi sa pija imperfetta de sos caltzones
isfiorat s’acchinotziu ismemoriadu de sos pades de piuere,
culilughes in s’umbrine.
Su coro sou, oe, est unu premiu de cunsolu,
unu bigliette aggiobado a sa lotteria
de sa soledade candu una rara felitzidade
lu collit in un’urna de meraviza;
casi un’ala chi si agitat in pagos metros cadradus
de universu si sa pioja manciat
sos antariles de su silentziu.

(Stefano Baldinu, Dae su puntu pius artu de sa cara de Deu)

Na parrucche pe curnisce

Luibbe da jinde a ccäse tutte i spîcchje
nnande all’occhjere vuläve sckitte recòrde vîcchje
cu cellulläre nessciuna fetegrafì, nessciune retratte
a vvedarme còme stäve cumbenäte jére da jassì matte

Nan tenäve cchiù capidde d’allesscià la matine
manghe na cióffe addò mètte nu begòdine
la véste mbîtte mä faciäve mó defétte
quanne la sarte mla cusì, sciäve perfétte

Fù u mäse passäste, durande u sòlete recòvere o spedäle
ca s’avvecenòrne dò uagnédde pe ffarme nu rejäle
descèrne : ‘’Tenime ind’a bbòrze chelure e ppennèrre
ma nan tenime la täle e u cavallétte d’appuggiä ndérre

Na ne sì pegghianne pè pacce
vulime fä nu quadre sòpe a ttä, sòpe a cchèta facce
vulime cangellä da chidd’occhjere tutte u delòre
e ffarte parä bbèlle, bbèlle come a nnu fiòre’’

(Giovanni Zeverino, Na parrucche pe curnisce)

Il Tavolino

Sposare i Divani? Questo il compito che si era assunto il vecchio Credenzone. Erano fidanzati da tempo ed avevano pure un figlio, Tavolino.Che bello, quando si metteva in mostra con le sorelle, le Sedie! Una bella famiglia, la famiglia Mobili! Tavolino era impaziente di diventare grande, si atteggiava a adulto, sigaretta e bicchiere di whisky vicino. Aveva fretta di crescere e diventare un tavolo per ospitare fino a 12 persone.
La Sedia Vienna, civettuola, si era messa la doppia spalliera e aggiunto un cuscino di seta blu per attirare monsieur Comò, un nobile della corte di Luigi XVI, il quale pretendeva che il suo il nome venisse francesizzato in Trumeau’, ma nessuno mai gli aveva dato retta e tutti continuavano, ostentatamente, a chiamarlo Comò. …

(Gruppo E.L.O.D.M., pseud. Onofrio Mamertino, Il tavolino)

L'eredità

… Le zeppe indemoniate salgono e scendono la scala. Scalciano ad ogni sventagliata di nacchere. I tacchi schiodano i libri dal basso. ‘Fiesta, que es fantastica fantastica esta fiesta’. Se ne cade giù il Digesto: sei volumi effetto domino. Via gli epigrafisti e i grammatici. Un colpo di cervicale e crolla la Bur. Mani e piedi sono fionde improvvise contro lo scaffale centrale. A terra tutta l’Einaudi Editori Riuniti. Volano i filosofi. ‘Esta fiesta esta fiesta sin amor’. Sbracate le letterature europee in una smitragliata sola. Una spallata a Shakespeare testo a fronte. ‘Sì-ì-ì / me siento siempre enamorada / sì-ì, si tu es jà muerto jo resto aqui.’ Pesta i volumi come quand’era ragazzina, ma a calci. ‘Si me gùsta, me gusterà. Esto gustàr que mas serà?’ Sgomita nei corridoi intasati fino a che lo scroscio non copre l’acuto. ‘Fiesta, que fantastica fantastica esta fiesta’. Tarattasbàm! Uno schiaffo sballa il Dioniso di Kerenyi. Tonfo. …

(Caterina Rita, L’eredità)

Casa in codice

… Mi tornarono in mente ancora una volta le parole che mi chiedevi di rammentare in quel momento: “Quando verranno non ci sarà tempo per dirsi tante cose. E allora te lo dico adesso, che siamo calmi. Io a te t’ho sempre amato, a primavera e in autunno, con le zucche da piantare e con i pomodori da ripigliare. T’ho sempre voluta, son fortunato. Non ho preso moglie per ritrovarmi la cena pronta e i calzoni rammendati. Io a te t’ho presa per darmi forza e per darti amore. E così è stato.” …

(Cristina Trinci, Casa in codice)

L'ascensore

Un tempo gli ascensori avevano una porta esterna e due sportelli interni ed era tutto un aprire e chiudere, dovevi fare il “ballo dell’ ascensore”: apri la porta esterna, sportello destro, sportello sinistro, paaasso, giravolta, chiudi la porta esterna, chiudi sportello destro, chiudi sportello sinistro, pulsante, specchio, apri sportello destro, sinistro, porta, paaasso, giravolta, chiudi la porta ma hai dimenticato gli sportelli, riapri la porta, chiudi sportello destro, chiudi sportello sinistro, porta, giravolta, paaasso….

(Alessandro Bindi, L’ascensore)

La storia dei telefoni cellulari

… Scappa uomo, scappa. Non ti voltare indietro e scappa. Nascondi, proteggi e vivi la tua umanità. Non la distruggere, anche se la odi. Ricordati della natura, che ti vuole libero. Ricordati della tua anima, che é la sola a poterti rendere immortale. Ricordati del significato della vita e dell’umiltà che fa girare la giostra del destino. Affidati al mare, cerca immagini nelle nuvole e lasciati accarezzare dal vento. Non hai bisogno di altro. La felicità che cerchi é lì, proprio in quell’orizzonte… …

(Bernandette Capone, La storia dei telefoni cellulari)

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XXXIII Premio letterario internazionale Città di Pomezia per opere inedite in lingua italiana – edizione 2024

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Bando
Il Centro Studi Specialistici Sisyphus, istituto culturale della Città di Pomezia, indice e organizza un concorso letterario per opere inedite in lingua italiana.

Il Premio si articola nelle seguenti sezioni:
A – Raccolta di poesie o poemetto (per un massimo di 500 versi), da inviare con titolo, pena l’esclusione;
B – Poesia singola (per un massimo di 100 versi);
C – Poesia in vernacolo (per un massimo di 35 versi), con allegata versione in lingua italiana;
D – Racconto o novella (per un massimo di 6 cartelle, considerata cartella un foglio di 30 righe per 60 battute cadauna, per un totale massimo di 12.000 battute, spazi inclusi);

Le opere dei primi tre classificati di tutte le sezioni saranno pubblicate in una opera collectanea curata dal Centro Studi Sisyphus, per i tipi di una casa editrice di notorietà nazionale. Ai primi tre classificati di ciascuna sezione sarà consegnata una targa e il giudizio critico dell’opera. Al 4° e 5° classificato di ciascuna sezione sarà consegnato un diploma di merito e il giudizio critico. Agli autori delle opere selezionate di ciascuna sezione saranno consegnati diplomi per opera selezionata.

La Giuria del Premio, nella più totale gratuità, valuterà i testi in concorso, non conoscendo i nomi dei partecipanti. Lettura e valutazione anonime, effettuate pro bono, saranno realizzate a garanzia di quanto l’autore non sarà stimato nel suo lavoro complessivo, ma solo in ragione di quanto presenterà in occasione del concorso: né il suo nome,  né le pubblicazioni al suo attivo potranno in alcun modo influenzare la legittimità della disamina. Ogni giurato assegnerà un punteggio all’insaputa dell’operato degli altri giudici e, pertanto, libero dal vincolo di suggestioni altre (si vedano gli articoli 14 e 15 del seguente regolamento concorsuale). Il giusto e meritato Premio sarà, di conseguenza, l’inclusione nel proprio curriculum di un riconoscimento ottenuto fuori da una qualsiasi ottica clientelare e da qualsivoglia forma di mecenatismo.

La Giuria si riserva la possibilità di conferire Premi Speciali a persone di chiara fama, per la pregevole attività letteraria o scientifica.

In ragione di ciò segue il contestuale Regolamento, la cui pur parziale inosservanza comporterà l’esclusione immediata e irrevocabile dal concorso, senza che il Centro Studi Sisyphus sia tenuto a darne comunicazione.

Presidente onorario della Giuria é il poeta Giorgio Mattei.

La Giuria tecnica del Premio é presieduta dal critico letterario Massimiliano Pecora ed è così composta:

– Claudio Carbone (poeta)

– Fiorenza Castaldi (bibliotecaria, esperta di letteratura)

– Manuela Mazzola (poetessa, critico letterario e d’arte)

– Piergiorgio Mori (saggista, critico letterario)

– Davide Persico (saggista, critico cinematografico, docente di Teoria e analisi del film, Università degli studi di Napoli “Federico II”)

– Daniela Sannipoli (critico letterario, docente  di lingua spagnola, Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale)

– Giuseppe Sergi (saggista, critico letterario)

Le opere dovranno essere inviate, secondo le indicazioni prescritte nel regolamento, entro il 30 Giugno 2024.

La partecipazione al concorso è completamente gratuita.

Città di Pomezia | Cenni Storici

Pomezia è una “città di fondazione”. Fu inaugurata il 29 ottobre 1939. La costruzione del centro storico, nonché di 187  case coloniche, durò diciotto mesi  dalla posa della prima pietra,  che avvenne  il 25 aprile 1938.

L’edificazione della quinta città dell’Agro pontino fu realizzata  dopo le opere di bonifica,  successivamente all’arrivo delle prime quaranta famiglie di coloni da Forlì, dalla Francia, dei Trentini dalla Bosnia e dei Veneti dalla Romania.

Alla storia del territorio dell’attuale  Pomezia é legata  la figura di Enea, eroe troiano, la cui epopea viene narrata da Virgilio nell’Eneide.

Santuario dei Tredici Altari – Pomezia

Santuario dei Tredici Altari - Pomezia

Enea avrebbe fondato Lavinium, antica città localizzata fin dal Rinascimento da Pirro Ligorio. Studi sistematici sui resti di Lavinium sono stati intrapresi nel 1957 da Ferdinando Castagnoli, professore di topografia di Roma e dell’Italia antica dell’Università di Roma “La Sapienza”.

La missione archeologica dell’Istituto di Topografia antica ha portato alla scoperta del Santuario dei Tredici Altari, eretti tra la metà del VI secolo e la fine del IV secolo a.C.

Le ricerche hanno portato alla luce molti altri straordinari tesori, tra cui la statua della Minerva Tritonia, oggi custodita, assieme ad altri importanti reperti, nel Museo Archeologico Lavinium, a Pratica di Mare.

Museo Archeologico Lavinium:
Minerva Tritonia

Minerva Tritonia

Museo Archeologico Lavinium

Comune di Pomezia